L’emigrazione e i giovani. Il valore della memoria. Nel cuore dell’Abruzzo si studia il passato, per capire il presente e guardare al futuro. Accade a Sulmona, dove i docenti e gli studenti del Liceo “Giambattista Vico” portano avanti da alcuni anni una approfondita ricerca. Hanno scavato negli archivi del comune e, guidati dalla dinamica professoressa Carolina Lettieri, hanno “esplorato” la storica agenzia di viaggio sulmonese di Michele Celidonio, definito “l’uomo della provvidenza” per avere aiutato economicamente moltissimi emigrati. Compiute ricerche anche nelle lontane Americhe. Vecchi documenti, lettere, fotografie, statistiche e poi le voci di emigranti di ieri e di oggi. Alla domanda : Chi vive da tempo in America, si sente italiano o americano? , la risposta è unanime: “Americano in Italia e italiano in America, ossia, straniero ovunque”. Testimonianze dirette raccolte in 1.800 minuti di registrazioni. Così è nato il libro “La Merica”, pubblicato dall’editore Ianieri è stato presentato il 4 aprile, nella sala consiliare della Comunità montana Peligna. 260 pagine ricche di valori umani, sociali e culturali. La storia di uomini e donne che, partiti dal piccolo e povero Abruzzo, hanno dato un determinante contributo alla crescita ed alla ricchezza del Nuovo Mondo. “Sono stati analizzati – spiega la dirigente scolastica Caterina Fantauzzi – gli spostamenti avvenuti a partire dalla fine dell’Ottocento fino alla seconda metà del Novecento”. E il quadro che ne viene fuori è di una comunità forte e generosa che ha messo le migliori energie al servizio di altri Paesi. Dalla povertà economica di un tempo al rischio dell’impoverimento intellettuale di oggi. E’ perciò importante evitare l’ulteriore fuga di giovani cervelli e la sfiducia. Il tributo finora pagato è stato molto alto. E le parole di Papa Francesco, pronunciate la Domenica delle Palme, debbono essere tenute sempre ben presenti dalle nuove generazioni: ”Non lasciatevi rubare la speranza, per favore, non lasciatevi mai rubare la speranza".
Nel libro “La Merica” vengono rievocate le iniziali difficoltà di integrazione, la voglia di farcela e il graduale riscatto, fino ad ottenere, in tutti i campi, rilevanti successi. Scrive nella presentazione il prof.Angelo Di Ianni, Vice Console di Hamilton (Canada): ”Ora i figli e discendenti di chi allora partì dall’Italia da condizioni di povertà - che proprio il nostro conterraneo Pascal D’Angelo efficacemente descrisse nel suo romanzo autobiografico Son of Italy - hanno guadagnato con il loro impegno e con il loro talento significative posizioni sociali”. Si diceva di una ricerca approfondita. Negli Stati Uniti gli studenti abruzzesi hanno visitato Ellis Island “per avere la conoscenza dettagliata di tutte le procedure di accoglienza e di selezione dei nostri migranti”. E a proposito di riscatto sociale, ricordiamo che nel 1931, un emigrato abruzzese di Capestrano, Edoardo Corsi, venne nominato del presidente Herbert Clark Hoover, commissario dell’Emigrazione a Ellis Island. “Tornare sul ponte di comando lì, dove a ventiquattro anni prima era stato messo in fila ed esaminato come un capo di bestiame - ha scritto Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera”-, fu una rivincita non solo per lui ma per tutti i milioni di italiani che in quel 1931 di crisi economica seguita al crollo della Borsa vivevano negli Stati Uniti ammaccati da decenni di xenofobia sfociati in decine di linciaggi e nell'esecuzione nel 1927 di Sacco e Vanzetti”.
A Boston la seconda tappa del viaggio della scuola sulmonese nel “sogno americano”. Filippo Frattaroli, Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, emigrato nel 1970, quando aveva 16 anni, ricorda: “Lavoravo notte e giorno, la mattina nelle costruzioni e fino a tarda sera come cuoco. Nel 1974 ho trovato un ristorante in vendita ad East Boston. Era un momento difficile, c’era la malavita a Boston. Quando non ho voluto pagare si sono vendicati, ma non mi sono arreso. Volevo mettere un locale nella Little Italy di Boston, ma era una zona controllata da un’organizzazione che impediva agli emigrati di aprire. Ho chiesto l’ok ad uno di loro che mi ha detto: “Puoi aprire ma non puoi vendere pizza”. Siccome la stessa organizzazione comprava tutti i palazzi buoni, era rimasta una camera mortuaria che ho comprato ed ho trasformato in ristorante. Il Boston Globe riportò la notizia che "al momento del controllo della licenza non è stata trovata gente morta ma gente viva che si divertiva e mangiava bene”.
(Domenico Logozzo - America Oggi)